giovedì 4 novembre 2010

18. Un mese (dopo)

Cosa rimane negli occhi e nel cuore di un mese come quello che è finito un mese fa? L'odore dell'India ti resta addosso, mangi con le mani, poi le lavi ma non basta; cammini a piedi scalzi, e dopo un mese le piante sono più chiare, lisce, segnate. Il caldo, il sudore, lo sporco non vanno via. E non va via nemmeno il sole, il sapore di frutti di cui non sapevo nemmeno il nome, il ricordo di visi diventati in così poco tempo amici, di vite difficili ma vissute davvero, di diversità e ricchezza, di povertà solo materiale, di fedi e colori differenti, complementari e in pace tra loro.

Tutto questo si stempera quando tocco coi piedi l'Europa, e il clima a cui sono abituato mi investe, insieme al mio stile di vita. Mi è capitato tante volte in questo mese di pensare a quel mese, e a che cosa è successo a me in questa macchia di inchiostro nello scorrere veloce del mio romanzo. Coscienza, questo è quello che questi trenta giorni mi hanno dato. Di me stesso innanzitutto, dei miei tanti limiti e delle mie tante possibilità. Coscienza che le scelte che ho fatto, passate e presenti, hanno un filo. Che devo imparare a dosare il mio entusiasmo trovando momenti di riflessione, di tempo vuoto, per pensare ai momenti passati e futuri di tempo pieno. Che aiutare gli altri aiuta prima di tutto se stessi. Coscienza che non esiste un modo migliore di vivere bene, ma tanti modi diversi. Ho imparato, come diceva mio nonno, a pensare tre volte prima di parlare e poi stare zitto. Che spesso la prima risposta a un problema non è la migliore, né quella che conta.

Dopo quello che ho vissuto ho imparato anche ad essere ottimista, a non buttarmi giù, a pensare sempre a quanta fortuna ho avuto e ho ogni giorno a non dovermi preoccupare di problemi per noi superati da decine di anni. A dare meno le cose per scontate, a sorprendermi, a quante persone ci sono che agiscono per il bene degli altri. Che ogni tanto vale la pena di mettere da parte il cinismo e sorridere, come facevano ogni giorno i 43 ragazzi che ho conosciuto a Tharangambadi, chiedendomi ogni volta che mi incontravano: "Ciao, come stai?". Quei sorrisi mi hanno detto per un mese: sveglia, è ora di cominciare a vivere davvero.

Ho ripreso a scrivere, non riuscendo a tenere dentro l'esplosione di pensieri che ogni giorno entravano in testa. Ho assecondato la mia curiosità cercando di capire, da un punto di vista esterno, una realtà che nemmeno immaginavo possibile. Mi sono sentito in minoranza, diverso tra uguali, ho capito come ci si sente in una situazione così. Ma spesso ho percepito il complesso di inferiorità in alcune persone che ho incontrato, e essere considerato migliore solo perché visto come più ricco mi ha fatto sentire a disagio, quasi un pesce fuor d'acqua. Ho imparato a mettermi allo stesso livello dei miei interlocutori, a dialogare. E, spero, anche ad aiutare.

Non so se è per come stanno andando avanti le cose adesso, però in questo Ottobre mi sono sentito tante volte felice. Senza niente da chiedere e da perdere. Senza prendermi né troppo, né troppo poco sul serio. Sospetto che sia a causa di questo Settembre in India. Questo spazio chiude. La ricerca continua.

mercoledì 6 ottobre 2010

17. Chennai-2


Rientriamo in ufficio e ho appena il tempo di cambiare camicia che si esce. Sono stato affidato al fido Mutiya (grafia non confermata) con cui passerò quello che mi rimane da passare in India. Usciamo con la macchina del Cesvi e andiamo a fare un giro in una spiaggia piuttosto animata. In realtà il programma per la serata cambia di minuto in minuto anche perché lui viene dal limitrofo Andhra Pradesh, e della calata inglese che ho imparato a capire nemmeno l'ombra.

Chennai è enorme, e assomiglia molto a una grande città europea, sarà che la domenica sera è il punto di minimo assoluto del traffico settimanale. Grandi sopraelevate, vialoni, da quello che vedo nel buio mi sembra piuttosto coloniale. In spiaggia dobbiamo sgomitare per trovare parcheggio, qui di macchine ce ne sono davvero tante, la campagna sembra già un ricordo. Vedo coppie mano nella mano sulla spiaggia, ragazze in maglietta, pantaloni corti. Abituato a sari dalle spalle alle caviglie è uno shock.

Alle sette il movimento si sta riducendo, comunque è ancora pieno di banchetti che servono pesce pannocchie bibite gelati, chiromanti a un euro a previsione e gente che ti pesa per due rupie. Sulla battigia la gente fa il bagno, sarebbe vietato, infatti stanno entro cinque metri, pare ci siano vortici e altre amenità. Abituato a nuotate chilometriche sarebbe strano non poter fare il bagno nel posto dove abito, ma è anche la prima volta che vedo la battigia di un oceano.

Facciamo un giro verso delle succursali delle cattedrali di Velankanni e poi fino a un tempio indù che però troviamo già chiuso. In mezzo negozietti e donne che vendono pesce fresco o fritto e negozi di souvenir religiosi. Mi sento sempre di più in un altro posto, la città mi sembra molto più avanti, è un salto nel tempo.

Sulla strada nel ritorno cinque o sei telefonate in tamil di Mutiya si trasformano in un incontro parzialmente programmato con Brother Maria, un salesiano dalle spalle larghe che sta nella Don Bosco Shelter Home e studia al Polytechnic College ma è di Chennai. Appena incontrati a Tharangambadi ha iniziato a farmi un sacco di domande e io allora ho ricambiato. Da lui ho imparato che in India ci sono trenta stati con trenta lingue e trenta alfabeti diversi, l'inglese è lingua di scambio, però è strano pensare a me che devo parlare inglese con un lombardo.

Ha provato a farmi capire che cosa unisce una nazione che non condivide né un'unica lingua né un'unica religione, lui ha studiato a Kolkata e in Assam e lì parlava sempre inglese. Mi ha parlato delle meraviglie dell'India e del fatto che è come un mondo in miniatura, da zero a ottomila metri di altitudine, con tutti i climi possibili, pensare all'Himalaya mentre morivo di sudore è stato piacevole.

Con lui dopo un pit stop per benzina e gonfiaggio gomme andiamo in un buon ristorante di cucina dell'India del Nord. Famiglie ricche, ambiente retrò, aria condizionata a palla e commedia in televisione. Con cinque euro mi sfondo di focaccine con chicken masala e un altro sugo vegetariano fatto col formaggio, condito con yogurt e scalogni crudi e un peperoncino verde che decido di lasciare ai posteri - solo l'anice mi salva da un'incipiente bruciore di stomaco in fine d'India.

Dopo cena andiamo a Marina Beach, che si staglia per vari chilometri di lunghezza di fronte a un lungomare a tre corsie. Quello che mi sorprende di più è però la distanza dalla strada alla battigia - camminiamo per cinque minuti buoni, almeno trecento metri. Alle dieci di sera è tutto deserto, gli ultimi rivenditori di fritti stanno sbaraccando e a riva non c'è nessuno, tranne la gente che ci dorme. Maria mi dice che il governo ha delle case popolari fuori dalla città ma spesso chi non ha dove abitare preferisce vivere peggio in centro per non dover fare ore di strada per andare a lavorare.

Lo tsunami si è fatto tutta questa spiaggia, faccio fatica a pensare a cinque metri di acqua - primi piani delle case sommersi - che spazza via in due minuti automobili case animali persone. Facciamo un pezzo di lungomare in macchina, puzza di pesce, capre e gatti che rovistano nelle casse dei pescatori al largo.

Torniamo al Cesvi e ci rilassiamo per un'ora, mi siedo e mi fermo a guardare il calendario nell'ufficio di Rosy con le massime come quelle che trovavo fuori dalle chiese e dai templi, l'ultima foto che scatto prima che finisca la batteria forse non è casuale. Quando le ruote dell'aereo si staccano dall'India alle quattro e mezza del mattino sono troppo stanco per pensare a qualsiasi cosa, tranne al fatto che sento che quello che sto per fare è un viaggio di andata, non di ritorno.

martedì 5 ottobre 2010

16. Tharangambadi - Chennai

Domenica mattina mi sveglio all'alba assonnato, forse emozione. Vado da Brother Albert che mi ridà la macchina e scarico le foto di Ooty, alcune davvero belle. Prendo il mio tempo per riguardare la casa, ripercorrere con le gambe e con la testa i percorsi di quattro settimane, respirare l'aria umida di campagna dopo la pioggia.

Partiamo alle undici e mezza, i ragazzi mi coprono di doni e c'è anche un commiato in italiano, davvero bello. Ho troppo casino in testa, quando incrociamo Vijay sul cancello, esco dall'auto e lo saluto è davvero dura. Joseph alla guida e il Father che ronfa nel sedile dietro. Sono tornati dalla montagna alle sette del mattino e ora di nuovo on the road, non credo che il mio fisico me lo avrebbe permesso. Joseph è stanco e taciturno e (non) si sente, è molto triste che io me ne vada e anche io lo sono, anche con lui si è creato un bel rapporto, persona semplice e limpida.

In due ore e mezza arriviamo a Pondicherry, dove ci fermiamo per il mio farewell lunch a mangiare in un ristorante super lusso, camerieri in livrea. Al piano di sopra buffet con turisti bianchi di varia estrazione, molti francesi, Pondy è una ex colonia francese ora stato a parte dentro al Tamil Nadu. Scendiamo al piano interrato e ai tavoli apparecchiati del ristorante à la carte ci sono un po' di ricche famiglie indiane dalla pelle più bianca di quella a cui sono abituato. Discutono tra loro in inglese mangiando con cucchiaio e forchetta, mi sento fuor d'acqua.

Con cinque euro a testa ("un po' caro" secondo il Father) ci pappiamo una foglia di banana con riso e verdura agnello pesce yogurt cipolle patate fritte. Prendo in mano la forchetta e non so cosa farmene, questa roba si mangia con le mani, forse è solo che non voglio andare via. Pallina di gelato a fine pasto e si riparte.


Il Father dà il cambio alla guida della Bolero XL e ha un bel daffare a gestire l'ira di qualche dio locale che si scatena poco dopo l'ingresso in una nuova autostrada a due corsie. Autostrada all'indiana, strisce pedonali, incroci a raso, camion sempre a destra, carri in contromano, mucche capre maiali che attraversano la strada. Dopo la pioggia cielo bellissimo blu, penso all'inverno qui e penso che deve essere meraviglioso.

Il traffico della domenica pomeriggio è light, comunque nei villaggi e ai caselli si formano dei bei tappi, prima delle cinque e mezza non riusciamo ad arrivare. Entro nell'ufficio del Cesvi e mollo i due zaini, faccio una chiacchierata con Rosy in cui parliamo di questo mese, della mia esperienza, dell'India, dell'Italia, di quando è stata a Singapore e le persone le sono sembrate vivere ognuna per e con se stessa, ahia.

Alle sei e un quarto lei e Suresh tornano verso Sud, si fanno una settimana a visitare le attività di Don Bosco Tharangam e un'altra ONG. È arrivato il momento di salutarci, è dura ma è così. Mancano dieci ore al mio volo e non dormo da dodici, non immagino la sera che mi aspetta.

sabato 2 ottobre 2010

15. Tramonto

Giorno prima della partenza, festa nazionale, compleanno di Gandhi. I ragazzi sono a Ooty, molti del college sono andati a casa per il fine settimana, c'è solo Brother Sagaya Raj a fare la guardia. Trovo il tempo di scrivere e soprattutto di pensare a quello che ho fatto in questo mese qui, stamattina ha piovuto, credo stia davvero arrivando il monsone di Nord-Est, ormai non è più caldo, me ne accorgo la sera quando esco dopo tanti giorni costretto in casa dagli acciacchi.

Alle cinque e mezza l'aria è tersissima, sembra di vedere sulla punta del naso i nuvoloni bianchi grigi neri e blu che si rincorrono nel cielo sopra le palme tonde. A piedi nudi attraverso i campo di pallavolo e quelli da calcio misurando i passi nella sabbia ocra compattata dalla pioggia, ripenso alle sudate, alle corse, a questo mio mese che rimane su questa sabbia e passerà con la prossima partita di calcio, mescolandosi con le vite di tutti quelli che hanno calpestato questo campo.

Ascolto il silenzio rotto dai merli, dai clacson e dal vociare degli uomini che nonostante la festa rientrano dal lavoro nei campi. Il cane bianco della casa si alza, mi guarda, si gratta. A metà campo mi giro verso la casa e trovo un arcobaleno che copre un quarto di cielo tra due nuvole, brividi. Due scoiattoli si rincorrono su un ramo dei grandi alberi di mango.

Continuo a camminare, mi sembra di sentire la terra che calpesto, attraverso un fossato vicino al pozzo e arrivo alla fine del giardino. Dietro la statua della Madonna con il Bambino una capra zoppa delle gambe anteriori bruca l'erba nella scacchiera di filo spinato che delimita il confine, altre due più a lato vicino alla riva di un laghetto forse artificiale o forse no.

Torno indietro per la stessa strada, sento solo me stesso nel silenzio del tramonto, già pestando i sassi più duri della stradina davanti alle mie ciabatte mi sembra di uscire da un sogno. Daniel, uno studente del College, mi accompagna a Tharangambadi a prendere 50 gova, un frutto buonissimo. Domani ne darò uno ad ogni ragazzo. Inizia a piovere, sotto il cappuccio della giacca a vento guardo per l'ultima volta questo crepuscolo che si specchia nelle risaie rigate dalle gocce d'acqua, guardo l'umanità che gira per i paesi, torna dal lavoro, guida, va al tempio, in chiesa in moschea, le mucche assiepate ai lati della strada.

La sera dopo cena ripercorro i miei passi, mi stendo in mezzo al campo da calcio e guardo da sotto in su un cielo che mi sembra grandissimo, pezzato dalle nuvole vuote dopo la pioggia, e pieno, le stelle che fanno capolino sembrano spilli chiari piantati in un enorme cuscino blu. La polare è troppo bassa qui, infatti non la vedo. Credo di averla trovata dentro di me però, mi sento parte di questa armonia, nel mio elemento. 

14. Donne

Nella Shelter Home ci sono solo ragazzi, ma di donne e bambine ne ho viste tante, nelle scuole, nelle sartorie e per strada, sedute con tutte e due le gambe da una parte dietro a un uomo sui two-wheeler ma anche guidatrici. Il dress code qui nel Tamil Nadu prevede spalle coperte e gambe idem fino alle caviglie. Tutte hanno il Saree o Sari (Hindi) o Putavai (Tamil), un vestito oggi tipicamente di fibra sintetica, anche se nel Tamil Nadu sono rinomati per la produzione di quelli di seta. Pinzata alle spalle una sciarpa che forma una U davanti al seno. Gioiellame vario e spesso mani decorate (non ho capito se c'è qualche significato o è solo estetica). Non ho mai visto capelli non intrecciati, e quasi sempre con strisce di bei fiori bianchi o colorati appesi (solo le vedove non li mettono).

In una delle gite a Poombuhar con Nataraj siamo stati ospiti di 3 suore che sono arrivate qui dopo lo tsunami quattro anni fa. Davanti a un buon latte macchiato tè (qui lo lasciano in infusione 20 minuti, il primo giorno ho provato a berlo puro e per poco non sputavo in faccia a uno) ho parlato con Sister Sahaya, 34 anni, della loro attività. Hanno creato dei gruppi di auto-aiuto per le vedove, Poombuhar è villaggio di pescatori e vivevano tutti sulla costa. Mi ha detto che la condizione femminile sta migliorando, le donne chiedono pari diritti e c'è maggior consapevolezza. Nonostante questo le donne che si sposano devono ancora portare in dote beni anche per otto o diecimila euro, l'analfabetismo femminile è al 50% e la fecondità rimane alta, 3-4 figli per donna. In India il divorzio è legale ma i numeri sono tra i più bassi del mondo, la stigmatizzazione della comunità - soprattutto in campagna - si fa sentire.

Su questo Sahaya mi dice che è stata creata awareness - solo 10 anni fa i figli erano 8 o 10 di media qui nelle campagne - e ora le donne sembrano essere informate anche sui problemi dell'AIDS, la cui prevalenza fortunatamente non è altissima, e sul controllo delle nascite. In realtà la pianificazione familiare consiste in un intervento chirurgico dopo il terzo figlio, la contraccezione non sembra nota. Dopo lo tsunami le donne si sono ritrovate con debiti enormi da pagare senza nessuno in casa che lavorasse. Alcune ONG, tra cui queste suore, hanno prestato un po' di soldi a questi gruppi per comprare animali e pagare affitti, i soldi sono stati recuperati poco a poco e sono stati concessi prestiti maggiori e così via, microcredito insomma. Hanno anche messo su degli ambulatori nei villaggi per migliorare la situazione sanitaria, e spesso prestano soldi a gente che deve curarsi, le cure ospedaliere sono molto care, il governo copre solo le operazioni più gravi. Mi piace il loro convento, c'è silenzio ma è sempre India, fumi dalla cucina, pavimenti ruvidi sulle piante dei piedi nudi e scarpe fuori dalla porta.

L'altro ieri Joseph mi ha fatto provare la jeep nel cortile della Casa, poi a suon di bitonali abbiamo attraversato un po' di villaggi e siamo tornati a Eduthukatti dove c'è un altro convento, questa volta di Salesiane. Accetto volentieri un altro tè macchiato coi biscotti e mi faccio un giro per il loro splendido giardino con campi di riso e fiori. Sister Teresa mi dice che non riescono a starci dietro, insegnano nella loro scuola qui al villaggio, 100 studenti e loro sono in quattro. Mi dice che i problemi maggiori del posto sono, come ormai so, povertà e alcolismo. Negli ultimi 4 anni hanno favorito la scolarizzazione nel villaggio e anche qui c'è un piccolo ambulatorio. In una stanza alcuni dei bambini che ho visto domenica al Children Parliament Meeting mi fanno vedere le prove di un ballo che stanno preparando per un awareness program.

Nella società vedo profondo rispetto per le donne, almeno in pubblico, sugli autobus nessuno si sogna di fare sedili misti, e anche se molte hanno chiesto di farsi fotografare come i maschi, mi sono reso conto che la discrezione è sacra. D'altronde qui il presidente della Repubblica è una donna e a giudicare dalla composizione per genere dello staff di Don Bosco Tharangam e da quello che capisco mi sembra che nelle grandi città la situazione sia sulla buona strada. 

Al ritorno siamo passati da casa di un amico di Joseph campione di sollevamento pesi e poi anche da casa sua, ha una bella famiglia con due bambine. Tra le varie cose che ho un po' recuperato stando qui c'è il senso di famiglia come portante della società, studiando lontano da casa e vivendo con amici perdi la nostalgia, impari tante cose ma perdi anche il senso della vita familiare, che qui nella Casa per fortuna per i ragazzi si respira a pieni polmoni.

venerdì 1 ottobre 2010

13. Riunioni

Non ho figli, ma penso che se ne avessi smarrirne non sia una bella esperienza. La settimana scorsa c'e' stata qui alla Shelter Home una bella riunione con 7 ONG operanti nel Distretto di Nagapattinam in cui Father Maren ha illustrato il progetto HomeLink con l'obiettivo di illustrare i contenuti e convincerle a collaborare. Il Power Point e tutta la baracca erano in Tamil, ma il fido John Paul mi ha dato una mano con un po' di traduzione simultanea. Ogni giorno, secondo la Polizia del Tamil Nadu, in questo Stato scompaiono 12 bambini (media annuale 1996-2001), anche se pare che nell'ultimo decennio ci sia stato un incremento. Ovviamente ai dati vanno aggiunti  tutti i casi non catalogati, circa un quarto di quelli emersi. Leggendo un articolo su "The Hindu" scopro che la cifra aggiornata pare sia di 5 bambini scomparsi ogni ora in India. HomeLink è un progetto coordinato dai Salesiani in tutta l'India che vuole creare una rete di Centri per la raccolta dei dati sui bambini scomparsi.

È stato lanciato due anni fa, partecipano 13 Stati dell'India e 80 ONG. Nel database sono stati raccolti finora i dati di più di trentamila bambini, e nel 2010 grazie a questo strumento ne sono stati ritrovati già 269. A fianco del sito riservato alle ONG è in funzione infatti anche missingchildsearch.net, un sito pubblico in cui chiunque smarrisca o ritrovi un bambino può cercare corrispondenza nel database. La maggior parte dei bambini scompare perché scappa da una casa spesso in campagna verso le grandi città a causa di problemi familiari, ma ci sono anche casi di rapimenti e di traffici di bambini per scopi agghiaccianti, come ho letto in un bel (se si può definire bello qualcosa riguardante questo tema) libro prima di venire qui.

Dopo le iniziali presentazioni, una delle partecipanti parla di quello che il Governo sta facendo per migliorare la condizione dell'infanzia, e qualcosa si sta muovendo: i politici si sono dati delle scadenze per costruire nuove scuole e per abolire le punizioni corporali agli alunni e convocare i genitori in caso di problemi. Ci fa alzare tutti in piedi e comincia a fare delle domande, chi è pro si sposta da una parte della stanza, chi è contro dall'altra. Alcune mi risultano scontate (fino a 14 anni i genitori dovrebbero lasciare che i figli vadano a scuola?), altre molto meno (si è "child" fino a 14 o 18 anni? Solo il governo o anche altri soggetti dovrebbero prevenire i crimini commessi contro i bambini?). L'esperimento mi piace, ma faccio fatica a decidere se devo ragionare da italiano o no. Come mi sono accorto stando qui, molte cose a me ovvie in realtà non lo sono per niente. Alla fine un signore mi chiede conto della situazione in Italia sul tema, io ne so poco, mi limito a dire che l'impressione è che i numeri siano più limitati e che comunque chi di dovere di solito si occupa di queste cose (neanche questo è scontato e infatti qui sembra non accadere).

L'altro ieri invece riunione di tutto lo staff di Don Bosco Tharangam, la mattina John Paul ha tenuto un seminario si formazione sul tema cultura dei media vs. cultura sociale con proiezione di materiale vario. La pubblicità sta allungando le sue grinfie di prepotenza anche qui, e con un televisore in ogni casa gli operatori sociali hanno un bel daffare a convogliare i loro messaggi tra la gente. Anche qui tutto in tamil, ma un foglio in inglese mi chiarisce qualcosa e mi pare molto attuale e interessante.

Al pomeriggio ognuno attacca al muro uno schizzo del villaggio di cui si occupa e il Father mi chiede di dirgli i tre migliori. Imbarazzo e incompetenza per la successiva mezz'ora che impiego ad analizzare i progetti. Segue rendicontazione mensile dei lavori svolti e conclusioni in cui ringrazio per l'accoglienza. Fare ricerca e scoperta qui mi sta piacendo e mi sorprendo ad aver sempre più voglia di Berlino, di altre ricerche e altre scoperte. 

giovedì 30 settembre 2010

12. Risvegli

Settembre sta finendo, così come il mio tempo qui. Addormentarsi è sempre difficile, tanti pensieri per la testa e tanto caldo. Più si avvicina il momento della partenza e più si accumulano i dubbi, come sarà svegliarsi nel proprio letto con la doccia calda al mattino, le posate e il riscaldamento? Prima di arrivare qui ero tranquillo, sapevo che avevo tutto da imparare e niente da perdere, rielaborare la montagna di esperienze nuove credo sarà molto complicato, molto più pesante dei tanti risvegli madidi di sudore nel cuore delle notti tamil.

In un momento di pausa l'altro giorno mi sono seduto e ho riguardato il materiale che avevo letto prima di partire con alcune interviste ai ragazzi della Casa. Volti che ormai riconosco dal sorriso stampato continuamente in faccia parlavano di padri alcoolizzati e morti giovani o emigrati, madri morte di parto, fratelli maggiori obbligati a suon di botte a lavorare, paghe giornaliere in industrie di mattoni, vessazioni, degrado, dolore. È stato un brusco risveglio dalla quotidianità quasi idilliaca della Casa, in cui li vedo giocare, studiare e mangiare di gusto tra di loro e insieme a me.

Far dimenticare loro le difficoltà nei villaggi e nelle case le ha fatte dimenticare anche a me: ogni volta che li incontro mi chiedono come sto, e io ho imparato a rispondere loro e chiederlo a mia volta, non ero abituato a farlo, mi sembra di stare in una casa di amici. I sorrisi e i giochi mi mostrano quanto lavoro è stato fatto, le parole scritte e lette sono come macigni a ricordare quanto c'è ancora da fare, ad esempio per combattere il dilagare dell'alcolismo in un posto in cui un bicchiere colmo di brandy puro - 180 ml - costa 50 rupie, 1 Euro (così come un litro di benzina, sono le principali voci nelle entrate del Governo) e i negozi di alcolici sono infatti sempre pieni.

I ragazzi dovrebbero partire per una due giorni in montagna a 12 ore di pullmann da qui, partenza stasera e ritorno sabato notte. Domenica mattina presto parto per Chennai, per questa volta passerò, anche perché ho ancora un po' di malanni. La partenza è comunque sub judice: oggi ci sarà una sentenza nel nord dell'India su un caso spinoso di indù contro musulmani, il verdetto di Ayodhya (v. qui e qui), e il governo ha disposto misure di sicurezza per evitare tumulti in tutta la nazione.


Vedendo il traffico delle città e la gente che ti sorride e ti accoglie per strada, cogliendo la strana armonia con cui fedi e persone diverse stanno fianco a fianco si fa fatica a realizzare i feriti o morti giornalieri nel Kashmir, le zone di confine disputate e militarizzate e le immense disparità sociali di cui mi sono fatto una vaga idea leggendo i quotidiani che ogni mattina arrivano alla Casa.

Un altro brusco risveglio è arrivato ieri sera: pensavo di partecipare ad un awareness program in un villaggio a prevalenza indù, ma il Father mi ha detto che è meglio lasciar stare, alcune persone l'ultima volta non hanno gradito la presenza di un "occidentale", associandola ad un'invadenza cristiana. Sono pochi, ma ci sono: quando impareremo - tutti quanti - a convivere davvero?

mercoledì 29 settembre 2010

11. Democrazia

Che l'India sia la più popolosa democrazia del mondo ce lo sentiamo ricordare ad ogni elezione. In realtà - come mi ha detto John Paul -  si vota solo per il Parlamento nazionale e dei singoli stati, gli amministratori locali vengono nominati dall'alto, è come se il Sindaco di Roma fosse nominato dal Governatore del Lazio. 


Sabato e domenica ho assistito ai Children Parliament Meeting, delle belle lezioni di Educazione Civica. Fanno parte dei progetti di Don Bosco Tharangam sul territorio locale per sensibilizzare i ragazzi sui loro diritti: ogni villaggio forma un'assemblea con uno Speaker, un Primo Ministro e quattro Ministri (Istruzione, Finanze, Lavori Pubblici e Sanità) e un numero variabile di "deputati". Si riuniscono una volta al mese nel villaggio e una volta ogni tre mesi qui alla Shelter Home per discutere le proposte e analizzare i risultati ottenuti. Il prodotto di tutto questo sta in alcune petizioni che i ragazzi portano ai "sindaci" e che sembrano avere riscontri positivi - se venti bambini ti fanno notare una cosa fai fatica ad ignorarla.

Dopo le presentazioni andiamo in un'aula del College, accompagnati da Father Arul Maren, carismatico Rector della Shelter Home: si comincia con il Parlamento di Mangudi. I ministri si alzano e salutano i deputati e l'uditorio, ringraziando il sottoscritto per la presenza (a seconda dell'occasione vengo ribattezzato Don Bosco, Cesvi, tomato e samosa). Segue una specie di giuramento (apparentemente sulla Costituzione, il tutto è in tamil quindi vado a naso) e l'inizio dei lavori. 

I ragazzi parlano delle proposte che hanno realizzato e delle nuove idee, come comprare un kit di primo soccorso per il villaggio o sensibilizzare i concittadini sulla necessità di un cestino. La nettezza qui sembra essere quasi solo urbana, i villaggi infatti sono pieni di spazzatura. L'umido lo gestiscono le capre, le mucche, i maiali e i cani che scorrazzano in libertà, per il resto nessuno sembra avere molto a cuore il problema. JP e il Father suggeriscono miglioramenti alla stesura dei verbali e chiedono chiarificazioni sulle proposte. L'assemblea si conclude con il canto dell'inno nazionale.

Durante le sedute ci sono anche dei momenti di canto e una ragazza di Pallur - il secondo villaggio di cui seguiamo i lavori - scoppia a piangere per timidezza, ne sono sollevato, non è perché la stavo fotografando. I ragazzi vogliono organizzare un evento di sensibilizzazione al villaggio sulla necessità di bollire l'acqua, molta gente si ammala perché non lo fa. A Thiruvallacherry invece hanno deciso di fare una petizione per migliorare l'illuminazione pubblica e perché nel loro villaggio il Governo non ha ancora messo il rubinetto (l'unico).

Seguo il tutto con molta attenzione, i ragazzi mi sembrano molto interessati, si vede che per loro è una cosa nuova Dopo un pranzo sotto gli alberi di mango in cui sottovaluto la piccantezza di un curry di pollo organizziamo con JP un triangolare di gioco del fazzoletto tra i villaggi che sembra riscuotere un buon successo, complice anche la folla in delirio a fare il tifo per i dieci prescelti.

Domenica i lavori proseguono con altri tre villaggi. A Periyakoothur hanno deciso di mettere su una specie di gruppo di lettura, a Eduthukatti di comprare una grande stuoia per il loro Supplementary Study Center che per il momento è ancora all'aperto, vogliono parlare con un prete per chiedergli gli spazi della chiesa allo scopo. Il Parlamento di Karamballam è l'ultimo arrivato, ma i ragazzi non sembrano meno agguerriti, anzi stanno preparando dei cartelli per organizzare una conferenza pubblica su alcolismo e droga nel loro villaggio.

Sperimentando le diverse attività sul territorio mi sto pian piano accorgendo della filosofia di fondo di tutto quello che ho visto fare qui: cercare di formare una generazione nuova, conscia dei propri diritti, con un sufficiente grado di istruzione per potersela cavare senza espedienti. Dare alla gente - in particolare ai ragazzi - gli strumenti per costruirsi da sola un futuro migliore in autonomia. In una parola, sviluppo.

domenica 26 settembre 2010

10. Scuole-2

Fra i vari progetti di Don Bosco Tharangam ci sono anche delle specie di aule studio nei villaggi. La settimana scorsa con Rosy e Suresh ne abbiamo visitate due. Arriviamo a Periyakoothur dopo il tramonto, troviamo una ventina di bambini e ragazzi dai 6 ai 17 anni che studiano seduti per terra dentro la sala "comunale" di fronte a una chiesa. In questi "Supplementary Study Centers" possono fare i compiti in un ambiente adatto allo scopo, anche perché a quanto ho capito per molte famiglie il fatto stesso che vadano a scuola non risulta del tutto naturale. Di 40 ragazzi in età scolare del villaggio, 27 frequentano questo posto, non male.

In realtà qui sono fortunati, in molti villaggi strutture del genere non esistono e la cosa viene fatta all'aperto. A Tihillaiyadivalliammainagar invece studiano 44 ragazzi. O meglio, aspettano di farlo. Il villaggio è immerso nell'oscurità alle sette di sera, power cut, siamo a lume di candela. Aspetteranno un po', se torna la luce entro mezz'ora bene, altrimenti tutti a casa. Anche qui alla Shelter Home c'è un'interruzione programmata al giorno dalle 8 alle 10, ma i blackout sono frequenti, sia con la pioggia che col sole.

Il buon Nataraj mi ha scarrozzato altre due volte nella zona di Poombuhar (mezz'ora buona di two-wheeler). La prima volta abbiamo visitato una scuola materna, l'Avvai Child Care Center, dove la mattina vengono dai 18 ai 25 bambini a imparare i rudimenti di Tamil, Inglese e Matematica (tabelline scritte sul muro), anche qui mi sparo tre belle sorsate di latte di cocco a km zero della palma fuori dalla scuola. Poi andiamo in uno dei Don Bosco Tailoring Center, dove 16 ragazze al mattino e 16 al pomeriggio imparano a riparare vestiti. Hanno tutte meno di 30 anni e sono contente di vedermi, mi mettono alla prova con un altro fiore ma ormai sono un pro e ci metto poco. Dopo un corso di 6 mesi andranno a lavorare nei Tailor Shop, guadagnando 1000 rupie al mese, 20 Euro. Andando in aziende a Chennai potrebbero guadagnare anche cinque volte tanto, ma quasi tutte non vogliono lasciare i villaggi.

La seconda volta, giovedì questo, siamo tornati alla scuola elementare di Pudukkuppam, quella del giorno del matrimonio, e ho girato un video. La struttura avrebbe bisogno di una bella sistemata, i giochi in particolare sembrano più lo sfondo di un pascolo che dei passatempi per bambini, Rosy mi ha detto che spesso devono ricordare al governo locale - che gestisce la scuola - di prendersene cura. Visito anche una sartoria dove lavorano due ex allieve del Don Bosco Tailoring Center.
Dall'altro ieri piove un po' più spesso e meno violentemente e Antoine si è preso un bel raffreddore (Finalmente non sono più l'unico). Nonostante questo mi ha accompagnato ad un altro Tailoring Center. Lungo la strada ci fermiamo in farmacia, si misura la pressione, ma non compra nessuna delle medicine prescritte, anzi continua a guidare fresco in camicia a maniche corte. 

A Sankarampantal incontriamo le donne che stanno facendo la pratica e ci tratteniamo per un'ora buona: ridono quando gli dico che in Italia molta gente non mette più (o butta) un vestito quando passa di moda o si rovina. Antoine cerca di convincerle a venire alla Shelter Home per il Training offerto dall'azienda di Chennai ma incontra molte perplessità, alla fine riesce a strappare qualche adesione. Mentre parla con loro osservo i visi, e vedo tanta luce nei loro occhi scuri. Mi sembra che abbiano una forza d'animo incredibile.

I giorni scorrono veloci, mi sto rendendo conto di cose cui non penso quasi mai, che la vita è cibo, lavoro, famiglia, relazioni sociali, sport. Che il tempo è fatto sì per essere riempito, ma con coscienza. Che spesso ci ho messo sopra tante, troppe, sovrastrutture e distrazioni per non riflettere, ma il nocciolo è questo, e mi chiedo: come si fa a migliorare?